Da un articolo apparso in cronaca de Il Tirreno abbiamo appreso che  saranno ultimati presto i lavori per la messa in sicurezza dei pazienti dell’azienda pubblica di servizi alla persona San Domenico”, e per l’accesso diretto dei mezzi di soccorso alla struttura. Il costo delle opere, stimato in circa 300mila euro, sarà sostenuto interamente dalla residenza sanitaria, che pure versa in una difficile situazione economica.

Già da diversi anni, infatti, a causa della diminuzione del numero degli inserimenti il bilancio del San Domenico viene chiuso in passivo.

«Per pagare i lavori siamo stati costretti ad accendere un mutuo ipotecario ventennale di circa 200 mila euro, ponendo a garanzia un immobile a Firenze di proprietà della struttura», spiega Piero Danesi, presidente dell’azienda. Ma perché, nonostante la crisi, l’ente (che non riceve alcun finanziamento pubblico, né dalla Regione, né dal Comune, che pure lo controlla, affidando la sua sopravvivenza unicamente alle rette degli ospiti) ha deciso di sobbarcarsi dei lavori tanto costosi? Per burocrazia.

«Alla struttura occorreva il cosiddetto Cpi, certificato di prevenzione incendi – spiega il presidente – e ultimare quei lavori sembra essere l’unica condizione per ottenerlo, pena la chiusura». Disporre di un certificato di prevenzione incendi non vuol dire che l’edificio non subirà mai un incendio, ma attesta che quell’edificio è stato realizzato secondo il livello di sicurezza richiesto dallo Stato. Poco importa se il valore del certificato di prevenzione incendi è stato profondamente modificato dal Dpr 151 del 2011 rispetto alla sua definizione iniziale, quella con cui i lavori al San Domenico sono stati inaugurati. Anche i documenti necessari per ottenere il certificato di prevenzione incendi sono stati aggiornati nel frattempo, ma questo non ha di fatto impedito l’esborso della somma necessaria ai lavori.

«La legge è cambiata, ma nel frattempo i lavori erano stati appaltati e quindi andavano realizzati – conclude Danesi – a ogni modo, dopo quei lavori, il San Domenico potrà dirsiuna struttura perfettamente a norma, a differenza di tante altre a Pescia, grazie allo sforzo economico sostenuto da se stessa. Per il resto continuiamo a essere lasciati soli, continuiamo a pagare tasse come la Tarsu (8 mila euro) da cui altri enti come l’ex Comicent sono esonerati, e continuiamo a non somministrare le cure intermedie nonostante la Regione abbia stanziato 200 milioni di euro per la sola Valdinievole, cosa che consentirebbe peraltro un notevole risparmio rispetto ai ricoveri ospedalieri, che costano 5 volte tanto».

Fonte : Il Tirreno