Il prof. Carlo Vivaldi-Forti. presidente dell’associazione Italia Domani, ci invia questo interessante articolo, che pubblichiamo augurandovi una buona lettura :

“Eccettuato il periodo finale dell’ultima guerra, l’Italia non era caduta mai in così in basso , in balìa di una classe dirigente d’imbecilli, farabutti e lestofanti, travolta da una corruzione generalizzata, invasa da torme di barbari che lo stesso governo incoraggia ad arrivare in massa e che i contribuenti sono obbligati a mantenere, con l’economia bloccata da anni, un declino sociale e culturale senza precedenti.

Come se non bastasse, il nostro Paese è ormai ufficialmente a sovranità limitata: l’ambasciatore americano e la cancelliera tedesca minacciano gli italiani di non si sa quali sciagure e ritorsioni, ove non votino secondo gli interessi della mafia globale. Che differenza c’è fra questi atteggiamenti e le pressioni esercitate da Breznev sui dirigenti cecoslovacchi nei famosi colloqui di Cierna nad Tisou d’inizio agosto 1968 , prodromici all’invasione di Praga ? Con la differenza che uomini quali Dubcek e Svoboda difesero a rischio della vita la libertà del loro popolo, affrontando la deportazione a Mosca e le relative torture , mentre i nostri capi, guidati dal Pinocchietto di Rignano , si recano a rapporto dall’imperatore scodinzolanti e con le orecchie basse. Ma dove siamo giunti?

Mi si perdoni la retorica: è mai possibile che un popolo che vanta fra le sue glorie Giulio Cesare, Augusto, Dante, Michelangelo, Leonardo, Manzoni, Carducci, Verdi, Puccini e tanti altri geni di fama mondiale, si sia ridotto a tirare quattro paghe per il lesso , umiliando se stesso e tutti i cittadini, compresi coloro, e sono la maggioranza, che quei signori non li hanno mai votati?

Si è tentato di rispondere in vari modi a tale interrogativo, attribuendo la colpa agli ultimi governi , alla Seconda Repubblica, a Tangentopoli, a Capi di Stato che avrebbero spudoratamente violato la Costituzione. Tutte queste spiegazioni contengono un fondo di vero, ma non esauriscono il problema. Il declino di un popolo è sempre l’effetto di malattie degenerative e queste, si sa, sono a lungo , talvolta lunghissimo decorso. In altre parole, ciò che una comunità umana è oggi dipende da quello che è stata ieri , ossia dalla sua storia. La società contemporanea, basata su nichilismo, materialismo e malaffare , snobba però gli studi umanistici, di cui la storia fa parte, perché li considera fabbriche di disoccupati, ma il vero motivo è diverso.

Le scienze umane e sociali non insegnano ad usare il computer o lo smartphone , ma rendono l’uomo capace di ragionare con la propria testa e di formarsi un’opinione originale sugli avvenimenti che lo riguardano , e ciò è proprio quel che i nuovi despoti vogliono evitare. Il prepotere della tecnica, col lavaggio di cervello esercitato prevalentemente sui giovani, è lo strumento principe della barbarie contemporanea. Se vogliamo davvero comprendere le cause del disastro attuale e attribuirne le colpe agli autentici responsabili, impariamo a ricercarle nel nostro passato. A tal fine può essere utile ascoltare una voce preziosa, quella di uno dei massimi intellettuali del dissenso, lo scrittore romeno Vintila Horia , che così si esprime nel Diario di un contadino del Danubio ( Il Borghese , 1966) , redatto in Spagna nel 1964:

Un amico di Firenze è venuto a trovarmi stasera. Molti italiani hanno perduto la fede nel loro Paese. Egli mi dice: “ La sporcizia materiale si riflette negli spiriti. Da due anni ci hanno sporcati da capo a piedi”. E’ l’impressione che ebbi l’anno scorso, a Pasqua, sotto la pioggia di Lerici. Scoprii un ‘Italia sconosciuta, strade cattive , visi preoccupati , nell’aria una tensione quasi palpabile. E questa veniva da molto alto , da molto lontano. Il processo di decomposizione vi è stato introdotto come un microbo presentato sotto l’aspetto fiorente di una riforma politica. Non vi si è creduto, o vi si è creduto a metà, sino al momento in cui il microbo si è fatto immenso e fetido, come il verme nelle “Metamorfosi” di Kafka. In questo momento, ogni italiano l’ha nel suo letto. Alcuni se ne consolano prendendolo per una splendida amante. Sono illusionisti, sono coloro che hanno coltivato e nutrito il microbo. Saranno i primi schiacciati dalla bestia e se lo meriteranno. Ma vi saranno anche i candidi, come in tutte le disavventure della storia. Il mio amico mi raccontava che Firenze è diventata sporca, che cartacce e spazzatura si ammucchiano da per tutto, che ogni cosa ha un’aria d’abbandono, uomini e pietre. Mi è difficile credere che gli italiani non sappiano reagire a questa nuova invasione barbara.

Leggendo queste righe viene spontaneo chiederci: povero Vintila Horia, chissà cosa scriverebbe oggi se vedesse come sono ridotte l’Italia e Firenze, per non parlare di Roma? E’ proprio vero che al peggio non c’è mai limite. Tuttavia, il morbo che doveva condurci in questo abisso si manifestò nel nostro Paese proprio in quegli anni. Pur senza nominarlo esplicitamente, l’autore si riferisce al centro-sinistra che prese avvio nel 1962. Fu allora che la classe dirigente nazionale smarrì la diritta via , parafrasando l’Alighieri, mossa da un istinto masochistico e dalla corruzione politica che induceva a spartire la torta del benessere appena ritrovato con coloro che fino al giorno avanti erano ritenuti avversari irriducibili. Il dissidente romeno, che conosceva assai bene la natura criminale del comunismo , non poteva condividere il progressismo parolaio e l’ottimismo di facciata di quei sedicenti intellettuali, uomini di partito e imprenditori, illusi che il drago si potesse addomesticare, una volta ammesso nella stanza dei bottoni. Proprio per questo non comprendeva per qual motivo il popolo italiano sopportasse tutto ciò senza reagire.

In realtà, appena occupate le poltrone di governo e sottogoverno, le sinistre cominciarono a lavorare al loro vero obiettivo, che Riccardo Lombardi palesò nel suo intervento al Congresso socialista dell’ottobre 1963: abbattere il sistema dell’economia libera, condizione per trasferire l’Italia nel blocco sovietico, di cui i marxisti nostrani rappresentavano la quinta colonna. Per raggiungere tale scopo dovevano procedere alla sistematica demolizione di tutti i valori e degli istituti sociali tradizionali, iniziando dalla famiglia per passare alla religione, alla cultura, all’arte , alla patria, ecc. Simile opera devastatrice esigeva il controllo totale dei media: la stampa, la televisione, le manifestazioni culturali, l’editoria, i premi letterari e cinematografici, la scuola, l’università. Il cretinismo congenito degli ambienti radical-chic venne diffuso ad arte, a partire da allora, allargandosi poi come una metastasi inarrestabile a chiunque volesse far carriera o costruirsi un futuro in questo Paese.

Gli eventi, però, presero una piega diversa da quella prevista. Anziché l’Occidente , fu il bolscevismo a implodere miseramente. Il danno tuttavia era ormai fatto. Svanita la prospettiva di passare al blocco sovietico, all’agognato marxismo si sostituì un nichilismo mortifero, da cui la nostra società e la nostra cultura sono oggi più che mai affette. I vecchi fusti del comunismo eroico, i vari Togliatti, Terracini, Ingrao, Nenni, Cossutta e compagni , furono rimpiazzati da personaggi decisamente più leggeri ma molto più fasulli e inconsistenti, oltretutto provenienti da culture molto diverse. Chi potrebbe oggi affermare se è più comunista un Mario Monti, un Enrico Letta, un Matteo Renzi, un Angelino Alfano o un Denis Verdini, tanto per non far nomi? Forse tutti costoro lo sono, forse nessuno. Ma cosa importa? Ormai le sinistre sono diventate i più fedeli zerbini della mafia finanziaria globale. Personalità discutibili ma d’indubbia coerenza come Togliatti, Gramsci o Terracini si rivolterebbero nella tomba, se potessero assistere a questo strazio.

Concludendo, la storia, purché ben meditata e interpretata, ci fornisce sempre i nomi dei responsabili di ogni situazione. Lo sfascio dell’Italia contemporanea è opera delle sinistre e di chi , come la Democrazia Cristiana, ha spalancato loro le porte del governo , per imbecillità o corruzione non fa differenza. Quei loschi personaggi ben meriterebbero una gigantesca Norimberga, per tutti i delitti diretti e indiretti di cui si sono macchiati. In attesa, però, agiamo e votiamo nel modo giusto, allo scopo di levarci di torno, una volta per tutte, questa classe di profittatori e di mentecatti, il principale ostacolo alla ripresa e alla ricostruzione!”

                                                                                                                Prof. Carlo Vivaldi-Forti

Inviato pere.mail