Il prof.Carlo Vivaldi-Forti, presidente dell’associazione Destra Domani, ci invia questo interessante articolo che volentieri pubblichiamo :

“L’aggravarsi della crisi europea, esasperata dalla guerra ellenica, ha drammaticamente evidenziato le contraddizioni e i conflitti fra gli Stati membri della Ue. Ciò era prevedibile e scontato: è facile andare d’accordo se la torta da spartirsi è ampia, mentre quando il piatto piange si scatenano tutte le invidie, le gelosie e i risentimenti di questo mondo. Oggi la grande imputata è la Germania, a cui si attribuisce una volontà egemone, capace di riattizzare i mai sopiti odi del passato. Per una tensione simile all’attuale, fra i Paesi mediterranei, Roma e Berlino, bisogna risalire all’immediato dopoguerra,quando le ferite di Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema , Fiesole, Boves eccetera, apparivano ancora vive e sanguinanti. Dopo, però, sono arrivati i tempi della distensione , con il gradito afflusso di milioni di turisti transalpini disposti a spendere e , spesso, ad acquistare case di vacanze nelle nostre località di villeggiatura. Oggi tutto ciò appartiene alla storia e le nubi che si addensano sui rapporti italo-tedeschi rinviano a situazioni che si sperava dimenticate. Qualcuno paventa addirittura la nascita di un Quarto Reich con mire egemoniche sull’Italia e sul resto d’Europa. Cosa c’è di fondato in simili paure?
Ricordiamo che la Germania è culla della terza fra le più antiche civiltà continentali, dopo la greca e la latina. Inutile che i nazionalisti ad oltranza definiscano parvenus o barbari i nostri vicini d’Oltralpe : le loro città, anche se meno datate delle nostre, appaiono espressione di una armonia sociale profonda, oltre che di altissima spiritualità. Le navate e le guglie delle cattedrali gotiche testimoniano una fede mistica, che Martin Lutero non ha per nulla distrutto, accrescendone semmai la dimensione ascetica. Superfluo poi ricordare la storicità e la nobiltà di centri urbani quali Aquisgrana , Treviri, Colonia, Augusta , Fulda, Dresda o Lipsia , solamente per citarne alcuni, legati alle vicende del Sacro Romano Impero e allo sviluppo della più illustre cultura europea. Non dimentichiamo che dopo la caduta di Roma, quando la nostra penisola sprofondò in un lungo periodo di totale assenza di regole e di drammatico arretramento civile, furono proprio i diversi popoli tedeschi , in particolare Longobardi e Franchi, a raccogliere lo scettro, ormai infangato, dei successori di Augusto per innalzarlo a nuovo splendore, che toccò l’apice con l’incoronazione in San Pietro di Carlo Magno, nella memorabile notte di Natale del ’800.
La nobiltà delle origini si rispecchia pure nella lingua e nella stupenda letteratura di quelle genti .Il tedesco, infatti, al pari del greco e del latino, presenta una struttura lessicale, grammaticale e sintattica che nulla ha da invidiare a quelli. Esso, al contrario di ciò che affermano frettolosi e superficiali glottologi, non appartiene affatto alle comuni lingue moderne. Le parlate germaniche conservano un non so che d’antico, che ci rammenta gli ordini impartiti dai capitani vichinghi a bordo delle loro navi o le trattative dei mercanti anseatici nei porti del Baltico. La poesia rivela inoltre una profonda armonia musicale: perfino chi non ne comprende il significato è costretto a riconoscere che la rima tedesca si avvicina alle melodie del pentagramma. Da dove proviene, allora, il disprezzo che circonda la Germania e che spesso si trasforma in vero e proprio odio?
Senza dubbio esso è suscitato dall’eccessiva autostima dei tedeschi la quale, periodicamente, li conduce a commettere i medesimi errori, in una sorta di coazione a ripetere . Essi si sentono potenti, coraggiosi, capaci di affrontare qualsiasi sacrificio, incluso quello della vita , pur di raggiungere gli scopi prefissati. Per un certo tempo i fatti sembrano dar loro ragione: le loro armate conquistano, spesso senza incontrare resistenza, vastissimi territori, il loro impero si allarga a macchia d’olio sulla carta geografica, includendovi popoli che mai avrebbero supposto di farne parte, mentre l’organizzazione socio-economica dei medesimi si uniforma alle esigenze di tale dominio. Il meccanismo, in apparenza, funziona a meraviglia, ma forti di tale convinzione i nuovi padroni cominciano a sfruttare sempre più duramente i sudditi, a mancar loro di rispetto, a prevaricarne la cultura, a imporre quella germanisierung , o germanizzazione forzata, che secondo i loro progetti dovrebbero trasformarli negli indiscussi signori d’Europa e forse del mondo.
E’ proprio allora, quando si sentono invincibili, che la reazione degli altri si scatena. Esiste un limite, anche per i soggetti più remissivi, che non può essere oltrepassato. Mentre molti, all’inizio, possono apprezzare gli aspetti positivi del nuovo ordine, capace di sanare i difetti delle proprie società, quando esso si trasforma in sfruttamento gratuito, senza più vantaggi reciproci, nasce la rivolta. Questa, dapprima, appare debole e incerta, tanto che il sistema creato dagli occupanti la reprime facilmente, ma ogni atto repressivo non fa che alimentare lo scontento, fino a trasformarlo in una formidabile onda di marea che tutto travolge. La storia pullula di tali esempi, dal crollo dei franco-longobardi a quello del Sacro Romano Impero, dalla fondazione del Regno di Prussia alla sua fine, dalla costituzione dello Stato multietnico degli Asburgo alla sua rovina, per non parlare delle sonore sconfitte tedesche nelle guerre di Indipendenza italiane e nei due conflitti mondiali.
Idea ricorrente in ogni fase storica espansiva , è la realizzazione di quella mitica unità della nazione germanica, vagheggiata in diverse epoche dai suoi profeti, che dovrebbe includere tutti i popoli di lingua e cultura teutonica, dalle Alpi al Polo Nord, mentre gli appartenenti ad etnie diverse, ritenute inferiori, sarebbero ridotti al rango di vassalli,. La catastrofe del 1945 sembrò far svanire definitivamente quel sogno: non soltanto non era sorto il nuovo impero continentale, ma la Germania era stata costretta a cedere un terzo del proprio territorio ad altre potenze, mentre la parte rimasta aveva subito una umiliante divisione in opposte sfere di influenza. La ripresa da questo pur formidabile trauma si rivelò assai più rapida del previsto: grazie a una classe dirigente del primo livello, e ai generosi aiuti elargiti dagli americani anche per contenere l’espansione sovietica, all’inizio degli anni sessanta la Repubblica Federale era già tornata locomotiva d’Europa. Dopo di allora, la sua influenza non ha fatto che crescere, ma l’evento che trasformò la nuova Germania in vera superpotenza fu il crollo dell’Unione Sovietica e la conseguente riunificazione. Tutti i partner comunitari ne pagarono il conto, ma su questo non c’è nulla da recriminare, visto che le frontiere orientali tedesche coincidevano con quelle dell’intero continente, e garantire la loro sicurezza era interesse di tutti.
I guai sono cominciati quando la vecchia classe politica , protagonista della rinascita nazionale (gli Adenauer , gli Erhard , i Kiesienger , i Brandt , gli Schmidt , i Kohl ), fu sostituita dai giovani leoni, o leonesse, molti dei quali nati in oriente, e perciò affamati di potere e denaro, cresciuti alla scuola delle idee millenaristiche di dominio mondiale, instillate loro dagli ideologi della DDR. Angela Merkel ne è l’esempio tipico. Le ambizioni personali di questi dirigenti si sono sposate alla perfezione con l’interesse della mafia finanziaria globale, che oggi si serve della Germania come grimaldello, in quanto Paese più ricco, per sottomettere l’Europa. I vari Monti, Letta, Renzi , Hollande e compagni rappresentano i nuovi Gauleiter, collocati dalla Merkel a capo delle proprie province.
Si apre così un nuovo capitolo nella lotta fra le rinascenti aspirazioni pangermaniste e i popoli che ad esse dovrebbero piegarsi. Come è già accaduto altre volte in passato, i tedeschi sembrano ancora stravincere, ma non facciamoci ingannare dalle apparenze e rileggiamo la storia. La Cancelliera, spinta dalle minacce e dai ricatti della finanza globale, ha momentaneamente vinto la resistenza greca, provocando un temporaneo scoramento negli oppositori al sistema di tutti gli altri Paesi, ma la guerra è appena all’inizio. Anche Hitler trionfò in Europa, Russia compresa, fino al 1942, ma poi sopraggiunse Stalingrado e tutto ciò che ne seguì. Similmente ad allora, i nostri partner germanici non valutano le conseguenze delle loro azioni, l’odio che si attirano con esse e che si accumula ovunque in silenzio, fino a quando non esploderà e si formerà una rinnovata coalizione di volontà politiche per fermare questo reiterato progetto d’ invasione. La Germania e i suoi alleati ne usciranno ancora una volta con le ossa rotte, e ciò sarà esclusivamente colpa loro.
A me, sono sincero , questo dispiace, essendo sempre stato un fervente ammiratore , oltre che conoscitore, della illustrissima civiltà tedesca. Essa, peraltro, sopravviverà anche a tale ennesima batosta, e sulle macerie , spero di cuore soltanto economiche, della prossima guerra perduta, i valori universali che contiene riprenderanno il posto che loro spetta nella vicenda umana. Affermava il grande Charles de Gaulle ( peccato che non governi oggi, altrimenti di questa Europa fasulla già da anni non sentiremmo più parlare): “I governi passano, i popoli restano”. Se distruggere la Germania non riuscì a un leader carismatico e geniale come il caporale austriaco, di sicuro non ci riuscirà una modesta contabile, senza alcuna visione storica né ideologica, al servizio dei più squallidi e inconfessabili egoismi finanziari”.

Prof.Carlo Vivaldi Forti

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