Il sig. Lorenzo Puccinelli Sannini, scrittore e segretario dell’associazione Destra Domani, ci invia il seguente articolo  che volentieri pubblichiamo :

“Ogni regime dittatoriale ha avuto i suoi simboli ed i suoi comportamenti specifici.

Limitiamoci all’esame delle tre dittature più recenti. Vediamo che l’olio di ricino somministrato a chi non soffriva di stipsi e talvolta qualche bastonata data a qualche grullo che non voleva capire, sono stati segni distintivi del regime fascista italiano. Vetrine infrante, chilometri di filo spinato ed infine centinaia di camini fumanti hanno contraddistinto il nazismo tedesco. Tiri a segno di massa e fosse promiscue, gelo siberiano ed arcipelaghi, sono stati simboli della cultura staliniana.

Ma questi regimi totalitari hanno influito anche sul linguaggio e sui gesti di tutti i giorni. Nel ventennio era sconveniente chiamare “garage” una italianissima autorimessa, ci si dava del tu e si salutava col virile saluto di romana memoria. Oltre il Brennero gli amici erano Kameraden, il saluto era Heil Hitler, il passo quello dell’oca. Più a est non c’erano amici ma solo compagni, ed il saluto più gradito era quello del pugno levato verso il cielo.

Le democrazie invece, ostacolate da quel noioso vizietto che prende il nome di libertà, non sono mai state capaci di creare dei comportamenti distintivi, salvo forse l’italico saluto dell’ombrello, indirizzato per lo più e per prudenza a chi si è già girato per andarsene.

Anche sotto il profilo del linguaggio i regimi democratici non sembrano aver avuto influenze particolari. Se prendiamo per esempio la lingua italiana, propria di un paese considerato da tutti libero e democratico, i mutamenti linguistici sono solo conseguenza di un naturale fenomeno di evoluzione temporale: la graduale scomparsa del congiuntivo, ad esempio, soppiantato dall’indicativo, è segno della necessità di rendere il linguaggio più semplice e più immediato anche per coloro che non hanno frequentato studi classici.

Ora invece da noi le cose stanno cambiando. Il nostro attivissimo esecutivo, oltre che essere impegnato con la consueta efficacia nella risoluzione dei soliti problemi quali la stagnazione economica ed industriale, la disoccupazione, l’emergenza immigrazione, la prevenzione del terrorismo e via dicendo, trova anche il tempo di dedicarsi allo studio della lingua ed alle sue modifiche che appaiono a tutti ormai necessarie ed indifferibili.

Il problema, com’è noto, nasce dalla lotta alla discriminazione sessista che da troppo tempo ormai costituisce il principale motivo d’angoscia esistenziale per tutte le donne dell’italico stivale.

Giovanna d’Arco di questa crociata di civiltà è la nostra, e qui si pone il problema di come chiamarla volendo evitare di risultare offensivi, diciamo leader (termine anglosassone ambivalente) del femminismo linguistico, Laura Boldrini, il cui impegno secondario è quello di presiedere ai lavori della Camera.

Dietro sollecitazione della sopra nominata Boldrini, del problema se ne sta occupando direttamente Palazzo Chigi, tramite un apposito comitato nominato dall’onnipresente presidente Renzi, comitato pronto a riunirsi per redigere (e cito alla lettera l’articolo di Paolo Bracalini uscito su “il Giornale Online” in data 22 marzo) <<le linee guida per la promozione di un linguaggio rispettoso di entrambi i generi presso la Pubblica amministrazione>>. A presiedere il comitato sarà la piddina Giovanna Martelli, consigliera di Renzi per le pari opportunità e difensora anche delle coppie non più gay ma “same-sex”.

Quali saranno le linee guida atte a correggere il linguaggio maschilista e discriminatorio attualmente in uso all’interno della Pubblica amministrazione ce lo anticipa la stessa Martelli:

<<……si tratta di superare i termini che non riconoscono le specificità di genere, come onorevole riferendosi ad una collega femmina. E’ più corretto dire la deputata. Non partiamo da zero perché c’è già una letteratura, c’è il lavoro di Alma Sabatini…..autrice di “Il sessismo nella lingua italiana”, nel comitato abbiamo un rappresentante dell’Accademia della Crusca, tre docenti universitari, e anche una nota giornalista. Le linee guida arriveranno in tutte le articolazioni della società, compresi i media. Può sembrare una questione di lana caprina ma non lo è, anzi è un atto importante, urgente rispetto alla discriminazione delle donne nella società>>.

Apprendendo queste notizie la popolazione femminile italiana sta già esultando, convinta che con la conquista della tanto agognata parità linguistica, si assisterà ad una netta diminuzione, fino alla totale scomparsa, degli stupri di gruppo, delle violenze domestiche e degli uxoricidi.

Le uniche donne ancora un po’ dubbiose sono le dipendenti della Pubblica amministrazione, appunto; in quanto già impegnate nel faticoso apprendimento dell’uso del computer si vedono ora oberate da un ulteriore impegno, quello di imparare le nuove terminologie. Guai da domani ad usare termini come: <<cittadini>>, <<dirigenti>>; i medesimi dovranno essere sostituiti con <<la cittadinanza>>, <<la dirigenza>> e così via.

Come si è detto, questi mutamenti della lingua parlata riguarderanno solo la Pubblica amministrazione. Per ora ! C’è una frase dell’onorevole, pardon deputata, Martelli che mi lascia tuttavia perplesso; quando dice: <<Le linee guida arriveranno in tutte le articolazioni della società, compresi i media>>.

Ma allora forse mi sono sbagliato: forse anche le democrazie tendono a modificare la lingua parlata.

Spero proprio che sia così. Perché se così non fosse, se non mi fossi sbagliato, ai nostri figli, in un domani non troppo lontano, verrebbe magari imposto il passo dell’oca.”

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