Pubblichiamo i due comunicati inviatici dal dott. Giuseppe Fiore (La Destra Valdinievole) concernenti il primo alcune problematiche della Sanità toscana ed il secondo su “Il partito unico di Matteo Renzi”, articolo di Massimo Gramellini,pubblicato in data odierna sul quotidiano La Stampa.

SANITA’

Nel quadro sempre più sconsolante della progressiva spoliazione della sanità provinciale a vantaggio di Firenze, è sempre più evidente che PT, pur di sopravvivere, sta “divorando i propri figli”. S.Marcello è andato giù come un bicchier d’acqua senza neppure troppe lacrime per chi vive la montagna. Pescia ha creato, da sempre, qualche difficoltà in più ma ormai si intravvede chiaramente la sua completa normalizzazione a grosso (ma non grande) “pronto soccorso di campagna”. Non a caso infatti sembrerebbe che diversi medici curanti si siano attrezzati da tempo per indirizzare in modo sicuro i propri pazienti affetti da patologie di una certa importanza direttamente tra FI e PI.

Posta la volontà di concentrare le attività prioritariamente a PT, sempre più spesso, si supplisce alla cronica carenza di personale ricorrendo all’uso “volante” degli operatori pesciatini (quasi mai al contrario) costringendo così la Valdinievole ad abdicare porzioni sempre maggiori della propria “sovranità sanitaria”.

A mero titolo esemplificativo è suggestivo il caso della Diabetologia che, seppure nella sua modestia rispetto ad altri casi più eclatanti, aiuta a far capire la condizione del personale “figlio di un dio minore”. Fino ad alcuni anni fa esisteva un Servizio di Diabetologia a Pescia ed uno a PT. Pensionati a breve distanza l’uno dall’altro i due Responsabili, come in molte altre specializzazioni dell’ASL-3, i Servizi furono accorpati e la Direzione Aziendale indicò, con atto proprio, uno degli specialisti in servizio a PT quale Responsabile. Tra l’altro, nonostante gli anni trascorsi, tale ruolo, per un qualche motivo, è poi rimasto fuori dal gruppo di quelli analoghi finalmente messi a concorso nei mesi scorsi.

Al di là però di questo dettaglio del tutto trascurabile e privo di ogni interesse personale da parte degli specialisti pesciatini, dà maggiormente nell’occhio l’aspetto gestionale. Infatti essendo stata raggiunta da un po’ di mesi in modo stabile la parità di diabetologi sui due versanti del Serravalle, come mai due di quelli di Pescia devono continuare, con cadenza settimanale, a scoprire parzialmente il servizio in Valdinievole a favore di quello di PT? Ed ancora, perchè a Pescia la Diabetologia deve sempre continuare a dare il proprio contributo nella copertura delle “notti” in Medicina mentre quella di PT continua ad essere esonerata pur essendo in parità numerica? Ma tant’è ed ormai è chiaro che il Cosma e Damiano potrà sopravvivere solo se si metterà a rovistare tra ciò di cui il S.Jacopo non vorrà o non potrà giovarsi!!

C’è una cosa invece in cui PT è prodiga. Si tratta, guarda caso come nel costume regionale, della “edilizia sanitaria” e, qualche volta, anche di “costosi apparecchi”. Operazioni che poi vengono utilizzate quali “armi di distrazione di massa” nel tentativo di far passare l’ipotetica valorizzazione del presidio pesciatino. Quando invece altro non sono che curiosi sistemi di assemblaggio per la realizzazione di costose “Formula Uno” costrette a viaggiare sulle ruote da bicicletta della carenza di personale come P.S. e Radiologia. Quest’ultima di stretta attualità per l’arrivo della nuova costosissima TAC che il Granduca Rossi si è intestardito di voler piazzare in P.S. quando, a detta degli operatori, in Pronto, bastava ed avanzava collocarvi quella attualmente presente in radiologia.

E’ vero che sarà comunque disponibile anche per pazienti non del Pronto Soccorso ma dall’altra parte dell’ospedale e poi, una volta che venisse davvero utilizzata a pieno regime, c’è il rischio che si possa tornare, almeno di tanto in tanto, alla pratica attuale per cui pazienti anche seri, vengono trasportati in barella per tutta la lunghezza dell’ospedale con grave disprezzo per la loro dignità e senza contare il rischio per loro ed il carico gratuito di inutili responsabilità per gli operatori.

Beppe FIORE

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Il partito unico di Matteo

di Massimo GRAMELLINI
Da LA STAMPA

In Italia è rimasto un solo partito e non è di sinistra. Si chiama ancora Pd, ma è già la versione moderna, senza tessere né sacrestie, della Democrazia Cristiana, la balena interclassista che tutti criticavano e però votavano. Il processo ha raggiunto il suo culmine questa settimana con la sconfitta degli ultimi eredi del Pci sull’articolo 18. Renzi ha celebrato il proprio trionfo con una scelta mediatica significativa: andando a pontificare negli unici talk show che parlano all’ex popolo berlusconiano, quelli capitanati da Porro e da Del Debbio.

Con la spregiudicatezza tipica delle persone cresciute in un ambiente familiare sereno e quindi molto sicure di sé, l’annunciatore fiorentino sta disintegrando i tabù che hanno paralizzato per decenni i suoi predecessori comunisti e pidiessini. Il timore di avere nemici a sinistra e di mettersi contro la Cgil, ma soprattutto l’imbarazzo nel chiedere voti alla base sociale dell’incantatore di Arcore: liberi professionisti, commercianti, piccoli imprenditori e disoccupati, che secondo l’analisi pubblicata nei giorni scorsi dal Sole 24 Ore hanno «cambiato verso» alle elezioni europee, dirottando per la prima volta i loro consensi sul partito che finora gli aveva procurato solo attacchi di orticaria.

La realtà è che oggi chiunque, da Passera a Della Valle, pensi di entrare in politica per rifondare il centrodestra deve prendere atto che al momento non esiste un bacino di voti disponibile. Renzi ha fatto il pieno, lasciando scoperta solo la zona riservata ai piccoli borghesi impoveriti, cioè ai lepenisti italiani magistralmente interpretati dall’altro Matteo, il becero ma efficacissimo Salvini. Il resto è un mondo finito e svuotato di consensi che sopravvive sui giornali per vecchi automatismi che inducono i cronisti a interessarsi alle ultime convulsioni dei tirapiedi e dei traditori di Berlusconi. I voti di Alfano e di Monti sono già tutti in pancia al Pd. E quei pochi che restano a Silvio finiranno in parti uguali a Matteo uno e Matteo due.

L’unica terra di conquista elettorale è dunque quella che un tempo avremmo chiamato Sinistra. Sono i giovani e i precari attratti da Grillo (fino a quando?), i pensionati, i nostalgici dello Stato sociale e in genere gli oppositori di un sistema capitalistico che per un processo apparentemente ingovernabile sta privilegiando le rendite, disintegrando il ceto medio e creando sacche sempre più ampie di povertà.

Il pigliatutto di Palazzo Chigi, naturalmente, si considera di sinistra anche lui. Anticomunista, ma di sinistra. Solo che la sua non è la sinistra europea e statalista dei Palme e dei Mitterrand, ma quella anglosassone e meritocratica dei Clinton e dei Blair. Per chi non vi si riconosce rimarrebbe uno spazio persino più ampio di quello occupato dagli emuli dilettanteschi del greco Tsipras. Manca però appunto uno Tsipras. Cioè un leader in grado di indicare un modello sociale alternativo ma praticabile e di perseguirlo con coerenza. Difficile possa esserlo Civati e meno che mai Bersani e D’Alema, con il sostegno delle truppe brizzolate della Camusso. Se i grandi vecchi non se ne vanno dal Pd, non è per fedeltà a un partito che tanto non sarà mai più il loro, ma perché sanno che fuori di lì si condannerebbero all’insignificanza di un Gianfranco Fini.

Nella settimana in cui comincia ufficialmente l’era del partito unico, bisogna riconoscere che l’Antirenzi potrà nascere solo dentro il nuovo Pd, così come i rivali dei leader democristiani venivano prodotti in serie dalla stessa Democrazia Cristiana. Renzi lo sa talmente bene che sta provvedendo a ucciderli tutti nella culla. Ma con la consapevolezza che, come accade sempre in politica, prima o poi qualcuno riuscirà a sopravvivergli e a fargli la pelle.

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