Il dott.Carlo Vivaldi Forti, presidente dell’associazione Destra Domani, ci invia questo interessante articolo che volentieri pubblichiamo :

“Nelle ultime settimane si è discusso molto della proposta del Cavalier Berlusconi, di riunire tutte le forze di centro-destra attualmente disperse sotto l’unica bandiera di un non meglio definito partito conservatore italiano, sulla falsariga di quello USA. L’idea, di per sé, non è sbagliata, anche se giunge con qualche decennio di ritardo rispetto a quando sarebbe stato auspicabile. So bene che le autocitazioni suonano talvolta patetiche, ma ricordo perfettamente di avere io stesso pubblicato, tra gli anni Ottanta e Novanta , alcuni articoli sulle riviste con cui allora collaboravo ( La Tribuna di Alfredo Biondi, Il Duemila di Raffaele Costa, Gazzetta ticinese , Rinascita e Oltrefrontiera in Svizzera), sottolineando tale necessità. Il fatto che un politico di lungo corso come Silvio sia addivenuto oggi alle medesime conclusioni, anche se mi lusinga sotto il profilo intellettuale, mi lascia sostanzialmente indifferente sul piano pratico.
Al punto in cui ci troviamo, infatti, ipotizzare la fondazione di un Grand Old Party nostrano , che riunisca tutte le anime di quella che un tempo fu la destra, non rappresenta certo l’asso nella manica di chi voglia rilanciare questa parte politica, e ciò per diversi motivi. Cominciando dal più semplice, è opportuno innanzitutto chiedersi se l’autore della proposta possieda o meno l’autorevolezza necessaria per sostenerla. Rispetto a ciò, dobbiamo riconoscere, egli si è mantenuto prudentemente nel vago, non avendo precisato se quella espressa era la sua opinione di cittadino, ovvero intendeva proporsi come animatore del nuovo movimento , dubbio non ancora chiarito nel momento in cui scrivo.
Nella prima ipotesi, le convinzioni del Cavaliere appaiono apprezzabili e degne di nota; nella seconda, dovrebbero invece essere respinte. Si può legittimamente opinare, infatti, se convenga o meno tentare la carta di una generale unificazione dei moderati , comprendendovi anche coloro che tali non si considerano, ma l’interesse di tutti porta ad escludere che Silvio possa farsene protagonista. Egli, infatti, non è oggi nelle condizioni di guidare con prospettive di successo una nuova forza politica, e non di sicuro per i soliti, triti motivi giudiziari, ma per la sentenza inappellabile di un tribunale molto più autorevole di quelli italiani: la Storia.
Ciò di cui Berlusconi non sembra ancora rendersi conto è di aver perduto la propria battaglia non essendo stato capace, malgrado tre successive investiture, di onorare le clausole del famoso Contratto con gli italiani, solennemente e pubblicamente sottoscritto. L’ultima occasione se la lasciò sfuggire nel 2011 , quando una coalizione di banditi, guidata dalla malavita finanziaria internazionale, rovesciò il suo legittimo governo , sostituendolo con altri illegittimi, in quanto non eletti dal popolo. Quella, per lui, rappresentò la sfida ultima del Destino, che non ha mai fatto sconti a nessuno. Evitiamo di riaprire le sterili polemiche su come e perché ciò sia accaduto, eventi sui quali giudicheranno i posteri. Prendiamo tuttavia atto che nel momento in cui gli si chiedeva di varcare il Rubicone, per salvare se stesso e il Paese, non trovò il coraggio di farlo, restando acquartierato a Rimini invece di marciare su Roma, anche a rischio di una guerra civile e della propria stessa vita. Poteva diventare il più grande statista dell’epoca moderna , uomo della Provvidenza ed esempio per molti, ma vi ha rinunciato. Ecco perché il personaggio non appare oggi credibile, quale leader di un nuovo soggetto politico. Se proprio vuole rendersi utile alla causa , faccia il padre nobile o lo sponsor.
Il progetto, tuttavia, non si rivela di facile attuazione anche per altre ragioni. Se uno dei principali problemi resta la scelta di un leader di prestigio, che al presente sembra mancare, non meno decisiva è l’elaborazione del programma. Pur essendo vero che nel partito repubblicano americano confluiscono le più diverse anime del conservatorismo e del moderatismo, una piattaforma ideale comune , che quanto meno serva a differenziarlo dagli avversari democratici, è sempre presente. Questa potrebbe esserlo anche nel caso di una forza simile in Italia? Al giorno d’oggi sembra di doverlo escludere, malgrado che Renzi, con le sue follie quotidiane, ci dia obiettivamente una mano in tal senso. Le posizioni dei partiti che si riconoscono grosso modo nella medesima area, appaiono infatti troppo distanti. Come ricondurre sotto un unico logo forze storicamente e culturalmente eterogenee, quali Lega e Fratelli d’Italia, i Laici e i Cattolici per la Vita, i Socialisti moderati, i Liberali e via elencando ? Come persuadere poi i rispettivi segretari , che è preferibile un posto di vice in un partito che vince piuttosto che di capo in uno che perde?
E qui arriviamo al nocciolo della questione, ossia cosa possa unire forze così distanti fra loro. L’antirenzismo può rivelarsi utile nei tempi brevi, ma alla lunga non paga. E neppure cavalcare la protesta spicciola del cittadino oppresso dal fisco, schiacciato dalla burocrazia e minacciato dall’invasione terzomondista. Una comunità umana della dimensione e dello spessore di quella che si vuole creare non può fondarsi sulla paura e sul sistematico rifiuto della realtà, ma deve riconoscersi in un progetto di respiro storico , in una cultura politica condivisa, al di là delle specifiche ispirazioni di ogni singola componente. Inoltre, non può trarre origine da decisioni verticistiche tipo quella del Predellino. L’operazione, per apparire credibile, deve emanare dal basso , anche se coordinata da un’unica regia, per culminare quindi in una Convenzione nazionale , a cui tutte le correnti dovranno partecipare spontaneamente. In vista di tale obiettivo mi permetto di tracciare alcuni punti programmatici essenziali , da tutti condivisibili.
Il primo è la necessità di cambiare alla radice il modello sociale e di sviluppo. Quello vigente, definibile hobbesiano per la sua intollerabile pesantezza e chiusura verso ogni novità, è palesemente fallito, avendo condotto l’intero mondo occidentale, ma in particolare i Paesi più deboli ed esposti come l’Italia, a una catastrofe morale, sociale ed economica che non conosce eguali nella storia. Esso si basa su uno statalismo di ispirazione marxista, affermatosi tra gli anni Sessanta e Settanta, dopo che i comunisti avevano rinunciato alla rivoluzione violenta su cui puntavano nell’immediato dopoguerra, cercando di minare le fondamenta della democrazia penetrandola dall’interno. Tale strategia , purtroppo, trovò validissima sponda nelle correnti laiche e cattoliche progressiste , nell’industria assistita , nei sindacati. In tempi più recenti si è poi assistito al concludersi del famoso pactum sceleris fra la malavita finanziaria globale e la sinistra del partito della nazione , oggi incarnato da Renzi, il cui fine ultimo è l’avvento di un regime capitalcomunista, con l’obiettivo di distruggere quel poco che resta del ceto medio, la classe che maggiormente si è opposta in passato alla vittoria del bolscevismo. L’ideale dei capitalcomunisti è infatti una estrema semplificazione delle classi sociali , con un proletariato immenso e una ristrettissima élite di supermiliardari , i veri padroni.
Il solo antidoto a questa nuova forma di sfruttamento di massa e di tirannide tecnologica è la partecipazione a tutto campo, consistente nel restituire al popolo quella sovranità invano proclamata dalla Costituzione, attraverso un nuovo modello di rappresentanza parlamentare e di democrazia diretta.
Il secondo punto riguarda il progressivo smantellamento dello statalismo assistenziale , causa prima di ogni nostro guaio , dalla corruzione generalizzata al furto sistematico del denaro pubblico, dal permanente conflitto d’interessi al sistema mafioso delle gare di appalto , dal fiscalismo esasperato , che uccide le imprese esistenti e impedisce il sorgere di nuove, alla gestione criminale del risparmio privato da parte delle grandi banche, che invece di metterlo al servizio dell’imprenditoria e dello sviluppo lo impiegano nella speculazione ad uso proprio. Se vogliamo che la nostra civiltà abbia un futuro , occorre cambiare radicalmente questa realtà, tornando a un’economia virtuosa fondata sul riconoscimento del merito e sulla produzione di ricchezza reale. Simile rivoluzione, purché coerentemente attuata , si rivelerebbe pure strumento efficacissimo per riscoprire l’etica individuale e collettiva , in una società che non conosce più i principi minimi dell’onestà, del pudore e dell’onore.
Il terzo punto è la difesa della sovranità nazionale. Il programma accennato potrebbe infatti non piacere a talune istituzioni europee e mondiali, emanazioni della grande finanza planetaria. Ebbene, qualora sorgesse un contrasto del genere , il governo del Paese dovrebbe replicare con grinta e coraggio a chi tentasse di sottometterne la volontà, esigendo il rispetto del modello di sviluppo adottato per la rinascita, attraverso la revisione degli accordi internazionali sottoscritti e , ove ciò non bastasse, minacciandone la denuncia.
Questi, in sostanza , sono i principi comuni su cui potrebbero convergere le diverse componenti di una grande forza di contrasto alla nuova barbarie capitalcomunista. In tale contesto esse troverebbero il modo migliore di contribuire al bene comune, presentando le proprie istanze specifiche e lottando per esse all’interno di questo soggetto politico. Il Predellino, abbiamo detto, non serve, bensì l’elaborazione di una nuova cultura politica. Smettiamo dunque di parlottare e lamentarci invano, e poniamoci concretamente al lavoro senza perdere un istante.”

Dott.Carlo Vivaldi-Forti