Il prof.Carlo Vivaldi-Forti, presidente dell’associazione Italia Domani ci invia questo interessante articolo che volentieri pubblichiamo :

“A distanza di pochi mesi dal referendum sulla riforma del Senato molti elettori, soprattutto di destra, non ne hanno ancora compreso l’importanza. Il rischio è che l’assenteismo regali una insperata vittoria a Renzi e ai post-comunisti, spianando loro la strada verso la definitiva creazione di un regime autoritario e liberticida. Per questo occorre fare fin da subito chiarezza. Dividerò quindi il mio intervento in punti precisi. La domanda che dobbiamo porci è la seguente: perché stavolta non possiamo non andare a votare?
Mancanza del quorum. Nella maggior parte dei referendum esiste il famoso quorum del 50%, non raggiungendo il quale la consultazione è automaticamente nulla. Stavolta, invece, trattandosi di una votazione confermativa, il quorum non esiste. Anche se, per assurdo, si recasse alle urne soltanto il 10%, vincerebbe chi ottenesse il 5,1. Preferire la gita fuori porta, o restare a casa nella speranza di dare una lezione a quei porci dei politici, sarebbe in questo caso un comportamento autolesionista e irresponsabile. Ciò deve essere chiaro.
Primo scenario: la vittoria di Renzi. Il Capo del Governo ha più volte ribadito che la sua futura carriera politica dipende dall’esito di questo voto. Con ciò, il ragazzotto di Rignano sull’Arno imita sfacciatamente il gigante di Colombey les-deux-Eglises , alias Charles de Gaulle. Soltanto l’idea di paragonarsi al più grande dei francesi dopo Napoleone dimostra, casomai ve ne fosse bisogno, la megalomania del personaggio. E per consolidata esperienza sappiamo quanto sia sconsigliabile affidare le sorti del proprio Paese ai megalomani. Ma cosa accadrebbe , in concreto, se il sì dovesse prevalere?
La più probabile, immediata conseguenza sarebbe lo scioglimento della Camera. Questo termine andrebbe ormai usato al singolare, visto che la seconda non esisterebbe più. Giungere alle elezioni in tempi brevi, dopo il proclamato trionfo, rappresenterebbe una tentazione quasi irresistibile per il giovanotto valdarnese, che anche in tal caso seguirebbe le orme di un suo ben più illustre predecessore. Mi riferisco a Benito Mussolini, quando propose agli italiani il famoso plebiscito sul sì o sul no alla politica del Governo, a un mese di distanza dalla firma dei Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929. La Conciliazione fra Stato e Chiesa, dopo un sessantennio di questione romana, segnò un enorme successo del regime, in un’epoca nella quale il voto cattolico contava ancora moltissimo, e questa fu una delle principali ragioni della straordinaria vittoria del fascismo. Più o meno come allora, anche Renzi sarebbe innalzato sugli scudi del referendum vinto, passando per il novello salvatore della Patria, oltre che saggio riformatore delle istituzioni: più Ottaviano Augusto che Mussolini! A poco servirebbe appellarsi alla celebre sentenza di Marx : la storia si ripete, la prima volta in chiave di dramma, la seconda in chiave di farsa. Farsa o dramma, anche grazie alla legge elettorale truffa che la maggioranza ha fatto approvare, gli italiani si troverebbero una Camera dei Deputati egemonizzata all’80% dai post-comunisti e dai loro servi. Con questi rapporti di forza l’instaurazione di un salazarismo o di un franchismo di sinistra, in cui di democratico resterebbe solamente il simulacro d’ istituzioni senza vita, sarebbe certa. Sicuri, ormai, della loro pluridecennale permanenza al potere, i neomarxisti spoglierebbero gli italiani dell’ultimo Euro rimasto loro in tasca, di ogni residuo diritto civile e politico, completando l’egemonia sulla cultura e sul pensiero, in base all’esortazione di Gramsci.
Secondo scenario: Renzi perde. In tal caso, l’ipotesi delle sue dimissioni immediate potrebbe anche non aver luogo, al contrario di quanto avvenne in Francia dopo il referendum del 27 aprile 1969 ( guarda caso, anche quello sulla riforma del Senato) perso di stretta misura da de Gaulle. Ma il Generale era un gentiluomo d’antico stampo, discendente da una illustre schiatta patrizia lorenese, il cui principio era quello dell’Onore, secondo la nota definizione di Montesquieu nell’Esprit des lois. Ma Renzi non è de Gaulle, ed è pure dubbio che abbia letto Montesquieu.
Tuttavia, anche se egli dovesse rimangiarsi la parola, ci penserebbero i suoi , in caso di sconfitta, a farlo fuori malamente. La legislatura proseguirebbe ancora un po’ , non volendo di sicuro le sinistre affrontare il giudizio del popolo dopo simile disfatta. Probabilmente Mattarella conferirebbe l’incarico a un sedicente tecnico, ma i guai che quest’ultimo provocherebbe sarebbero tali da suscitare una reazione popolare talmente forte, da costringere il Presidente a convocare i comizi elettorali. Inoltre la destra, rinfrancata dalla vittoria , troverebbe la forza di riunificarsi e magari di esprimere finalmente un leader degno di tal nome. Quando si andasse ad elezioni , nel tardo 2017 o all’inizio del 2018, essa vincerebbe, risparmiando all’Italia l’ennesima, paradossale tragedia della sua storia : diventare l’unico Paese comunista del mondo civile a trent’anni di distanza dalla fine del comunismo!
La posta, stavolta, è davvero alta. Si tratta di fermare la corsa verso un nuovo totalitarismo, di cui già si scorgono i chiarissimi segni premonitori. La sinistra sta oggi ridisegnando a suo esclusivo vantaggio l’intera architettura dello Stato. La riforma della Camera Alta , sia pure depotenziata nelle sue attribuzioni, spalanca le porte ai consiglieri regionali, che in grandissima maggioranza appartengono ai post-comunisti e ai loro alleati. Lo scopo è superare l’eterno problema italico circa la differenza fra il voto locale, notoriamente favorevole all’area progressista, e quello nazionale , tradizionalmente più moderato.
La nuova legge elettorale, una vera mostruosità anche se paragonata a quelle del 1953 e del 1924 , è concepita in modo da assicurare i due terzi della Camera dei Deputati al partito della nazione, pure se esso fosse in netta minoranza rispetto alla totalità degli aventi diritto al voto. L’ultimo tassello è rappresentato dal provvedimento contro il supposto conflitto d’interessi, vòlto ad impedire , a intere categorie di cittadini e guarda caso alle più produttive, d’entrare in Parlamento , oltre che nei Consigli regionali e comunali. Ciò, ovviamente, in barba all’eguaglianza e alla libera scelta dei rappresentanti, diritti garantiti da una Costituzione divenuta ormai carta straccia, come nella vecchia Unione Sovietica.
Le conseguenze di questo nuovo assetto sarebbero facilmente intuibili. Detenendo la totalità del potere, con le opposizioni ridotte a una larva e libero da ogni preoccupazione elettorale , il regime farebbe man bassa dell’Italia e degli italiani, spazzando via la pur modesta parvenza di benessere tuttora sopravvissuta. Questo in ossequiosa obbedienza agli ordini della malavita finanziaria globale, che fin dal crollo della Prima Repubblica lavora senza sosta e con diabolica abilità al perseguimento di tale obiettivo. Sul piano culturale e morale, poi, si compirebbe lo scempio avviato da oltre mezzo secolo, da quando una Democrazia Cristiana corrotta e incapace a reggere le sorti dello Stato, spalancò le porte dell’esecutivo ai marxisti-leninisti dell’epoca, nell’illusione di addomesticarli e di trovare in essi complici compiacenti delle sue ruberie. Tale sporca manovra, che avvolse progressivamente la società intera, segnò il principio della fine di quell’Italia sana e onesta, che malgrado le bufere del XX secolo era scampata a due conflitti mondiali, a due guerre civili, a ripetute crisi economiche.
Le riforme del compagno Renzi, da lui spacciate per luminoso progresso e rifondazione del Paese, rappresentano invece l’ultima e definitiva tappa di un degrado etico e civile che , se non verrà decisamente arrestato, condurrà il popolo italiano all’estinzione, anche dal punto di vista demografico e statistico, consegnando la Nazione nelle mani degli sciacalli stranieri, che non vedono l’ora di ridurla a colonia e sfruttarla senza pietà . La storia, oggi, offre ai cittadini un’ ultima occasione per invertire questa tendenza: l’appuntamento referendario d’ottobre. L’imperativo categorico è recarsi in massa alle urne a costo di qualsiasi sacrificio, anche con la febbre a quaranta, se necessario . Chi resterà a casa o preferirà le consuete gite fuori porta al proprio dovere civico e patriottico, diverrà prima o poi oggetto di meritato disprezzo e ludibrio universale.
BOIA CHI NON VOTA!”

Prof.Carlo Vivaldi-Forti
Presidente Associazione Italia Domani

Comunicato stampa