Legambiente Pistoia intende ribadire la propria posizione su alcune questioni centrali che riguardano il futuro ambientale, sociale e culturale del territorio provinciale. Dalla tutela del paesaggio montano al recupero del patrimonio edilizio abbandonato, dalla salvaguardia delle aree naturali alla gestione del verde urbano, l’associazione richiama l’attenzione delle istituzioni e dei cittadini sulla necessità di scelte coraggiose e lungimiranti, fondate su principi di sostenibilità, legalità e partecipazione. Di seguito, le principali questioni su cui Legambiente esprime le proprie valutazioni e proposte operative.

Numerosi edifici sulla Montagna Pistoiese sono abbandonati e fatiscenti si tratta di ex alberghi e colonie un tempo simbolo di un passato florido. Questi “ecomostri” oggi deturpano il paesaggio, rappresentano un pericolo per la salute pubblica e ostacolano lo sviluppo turistico. Servirebbe una legge regionale per far si che sia obbligatorio procedere alla demolizione, al recupero o alla vendita e nei casi più gravi che gli enti pubblici se ne facciano carico.

Legambiente si oppone con fermezza al progetto della funivia Doganaccia-Corno alle Scale, giudicandolo uno strumento anacronistico e ambientalmente insostenibile alla luce dei cambiamenti climatici in atto. L’opera non risponde alle reali esigenze del territorio montano: gli impianti di risalita sotto i 1700-1800 m sono già fortemente compromessi dalla scarsità di neve naturale, costretti ad alti costi per innevamento artificiale e sovvenzioni pubbliche per mantenersi attivi. Legambiente critica il notevole impatto paesaggistico e geologico, la collocazione della stazione di arrivo lontana dal Lago Scaffaiolo e il fatto che il “collegamento” effettivo richieda l’uso del sentiero crinale, non adeguato in condizioni invernali o di neve, con notevoli rischi e disagi. I fondi previsti per questa infrastruttura dovrebbero essere indirizzati allo sviluppo del turismo lento, alla valorizzazione del patrimonio naturale e culturale, al miglioramento dei servizi essenziali per le comunità locali e a politiche che favoriscano la destagionalizzazione, anziché puntare su opere che risultano sempre più inadatte in un contesto climatico mutato.

Le Ville Sbertoli, oggi abbandonate e inaccessibili, rappresentano un patrimonio storico e ambientale da recuperare e restituire alla cittadinanza. Il loro futuro dovrebbe puntare su progetti culturali, didattici e di valorizzazione del territorio, con possibili finanziamenti europei e sinergie pubblico-privato. L’area, legata alla memoria della legge Basaglia e situata in un punto che collega città e campagna, si presta a sviluppare attività di agricoltura sociale e servizi per anziani, famiglie, giovani ed economie locali, con effetti positivi su paesaggio e comunità. Centrale è anche il recupero del parco e delle aree verdi, rendendole nuovamente fruibili, mentre viene escluso l’uso militare, incompatibile con il valore e la funzione pubblica del luogo.

Vorremmo sottolineare la necessità di un nuovo piano del verde a Pistoia, fondato su principi di sostenibilità e partecipazione, che riconosca il verde come bene comune essenziale al benessere delle comunità. Si evidenzia l’urgenza di una manutenzione più attenta delle circa 10.000 alberature urbane, con particolare riguardo ai grandi alberi, fondamentali per qualità dell’aria, salute e benessere dei cittadini. L’attuale regolamento comunale risulta inadeguato, favorendo abbattimenti indiscriminati e una gestione squilibrata che pone la sicurezza come unico valore prioritario. Si chiede quindi una revisione normativa che tuteli maggiormente i grandi alberi, un programma di sostituzione coerente con criteri tecnici e ambientali, e misure di sostegno anche per le alberature private, come sportelli di consulenza e incentivi. Infine, si propone di realizzare spazi verdi partecipati e condivisi, secondo principi agroecologici, per massimizzare funzioni sociali, ecologiche e di biodiversità, trasformando le aree urbane in vere oasi ecologiche a servizio della comunità.

La Riserva Naturale del Padule di Fucecchio è stata istituita nel 1996 dalle Province di Pistoia e Firenze su una superficie di poco più di 200 ettari rispetto ai 2000 dell’intera palude: un decimo del totale, mentre nel resto della zona umida, la cosiddetta area contigua, si caccia e ci sono normative di tutela più blande. Si doveva trattare di un primo passo verso la creazione di una Riserva Naturale regionale dalle dimensioni sufficienti a tutelare efficacemente una parte significativa della più grande palude interna italiana, ma a quasi trent’anni di distanza non si registrano cambiamenti significativi, quindi chiediamo nuovamente con forza un ampliamento dell’area protetta.
In ogni caso respingiamo ogni tentativo di tornare indietro rispetto all’attuale regolamento di gestione della Riserva Naturale, soprattutto per quel che riguarda i tempi e i modi dello sfalcio della vegetazione palustre. In particolare, come ribadito nel tempo da numerosi pareri tecnico-scientifici, sottolineiamo che si debba continuare a garantire un’adeguata tutela del canneto a Phragmites australis, che costituisce un habitat chiave per molte specie di uccelli migratori e nidificanti di interesse comunitario.
In generale, esortiamo le autorità regionali e locali a garantire che tutti gli interventi (infrastrutturali, di gestione, ambientali, turistici) siano coerenti con le designazioni di tutela nazionale e internazionale del Padule (ZSC/ZPS, Convenzione di Ramsar in fase di definizione), e che le risorse destinate alla conservazione – inclusa la pulizia della plastica galleggiante, la prevenzione del bracconaggio, la vigilanza ambientale — siano adeguate, trasparenti e sistematiche, non solo episodiche.
Rispetto alla gestione, chiediamo quindi che la Regione assuma un ruolo centrale evitando di delegare tutto ai Comuni, con l’affidamento non coordinato dei progetti e delle strutture di fruizione; emblematico il caso del Centro Visite della Riserva Naturale, a Castelmartini, attualmente affidato a soggetti senza alcuna esperienza nella gestione di aree protette, fra cui associazioni venatorie che le hanno sempre ferocemente avversate.
Nell’ottica di una gestione competente e motivata sarebbe auspicabile che le attività nel Centro Visite (e nell’osservatorio faunistico) fossero affidate allo stesso soggetto che svolge per conto della Regione compiti di monitoraggio tecnico-scientifico e di promozione della fruizione: al momento la LIPU.

Valentina Zini -Legambiente Pt.sez. Valdinievole

Comunicato stampa